Nella provincia leccese, a Otranto, sorge una piccola chiesa dedicata alla Madonna dell’Alto Mare, importante destinazione di pellegrinaggi da parte dei fedeli della regione e meta di turismo dei vacanzieri estivi. Dal punto di vista architettonico la chiesa è molto piccola e semplice negli arredi, ma tutt’intorno si respira un’atmosfera di pace e tranquillità che mette in contatto l’uomo con Dio.

Ma perché questo luogo di culto così semplice è tanto amato dai leccesi? Quali sono le origini dell’immagine che vi si trova all’interno? Scopriamolo insieme, nel corso dell’articolo, ripercorrendo le tappe della sua costruzione fino a oggi.

La Madonna dell’Alto Mare: un luogo di pace tra culto e leggenda

Piccola, rurale e immersa nella vegetazione salentina, la chiesa che ospita la Madonna dell’Alto Mare si trova in un punto strategico della regione, importante snodo commerciale anche nel quindicesimo secolo, dove affonda le sue origini.

Secondo numerose fonti accreditate, il culto nacque nel 1480 quando vi fu una terribile invasione turca durante la quale l’icona della Vergine Maria fu trafugata, ritornando poi al popolo di Otranto trasportata da una barca e dalle correnti marine.

La leggenda non spiega per quale ragione gli ottomani rubarono l’immagine sacra, probabilmente per la sua bellezza o perché la ritennero un’opera d’arte di grande valore. Insieme all’immagine fu fatta schiava anche una ragazza otrantina per essere condotta dal Califfo e diventare sua proprietà.

Durante il viaggio, la ragazza non si curò di sé stessa, ma presa da un impeto di devozione, supplicò i suoi carcerieri di lasciare andare l’icona. La giovane, infatti, non poteva accettare che la Vergine fosse stata oggetto di scherno da parte degli ottomani turchi.

Stanchi dell’insistenza della giovane decisero di lasciare andare l’icona, ponendola su una barca in mezzo al mare senza equipaggio e senza meta. Attraversando il Canale d’Otranto, l’imbarcazione lentamente giunse al porto dove i pescatori la videro entrare, cercando in tutti i modi di raggiungerla e portarla a riva.

Inutili furono i loro tentativi coraggiosi, dal momento che la barca raggiunse da sola il porto, portando in salvo l’immagine sacra. Quando i pescatori e la gente del posto si resero conto di ciò che stava avvenendo, acclamarono con gioia la Madonna, proclamandola protettrice di Otranto.

In ricordo di quell’evento, ogni anno gli otrantini rendono omaggio alla Madonna con festeggiamenti solenni e una processione in mare molto suggestiva. La festa ha inizio con la celebrazione solenne della santa messa che è presieduta generalmente dal Vescovo di Otranto. Dopo il momento di preghiera, l’immagine viene condotta su un peschereccio tradizionale dei pescatori idruntini e inizia la processione a largo.

Il corteo si chiude con il lancio della grande corona di foglie di alloro che ricorda le vittime del mare, per poi fare ritorno al porto e ricondurre la statua nella cappella.

Gli interni della Chiesa della madonna dell’Alto Mare

La Chiesa della Madonna dell’Alto Mare fu costruita nel 1600 e restaurata solo nel 1744, così come indica anche l’epigrafe presenta sulla facciata. La parte interna presenta un’unica navata e un altare dedicato alla santa Vergine. Tutta la chiesa: gli arredi sacri, le immagini e le suppellettili riportano alla tradizione marittima, anche il pavimento in mosaico è dotato di una stella marinara nella parte centrale.

Visitando la chiesa, si trovano delfini, cavallucci marini, conchiglie e ancore che vogliono rappresentare sia la simbologia marina che quella mistica: fiducia, perfezione e salvezza, richiamando la tradizione biblica.

E infatti, nonostante la semplicità degli arredi interni ed esterni, la chiesa è meta di continui pellegrinaggi e fonte di spiritualità nell’intera regione.

Non sappiamo se il racconto della Madonna dell’Alto Mare sia solo una leggenda o tragga origine da una storia vera, ciò che possiamo testimoniare è che la bellezza naturale della città viene valorizzata dalla presenza di questo luogo di culto, che ispira un senso di grande pace.

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